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Disturbi Dissociativi

I Disturbi Dissociativi presentano una mancata integrazione tra coscienza, pensieri, identità, memoria, rappresentazione corporea e comportamento.

Disturbi Dissociativi

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Cosa sono i Disturbi Dissociativi

I Disturbi Dissociativi sono caratterizzati da una mancata integrazione tra coscienza, pensieri, identità, memoria, rappresentazione corporea e comportamento. Persone di tutte le età, razze, etnie e classi socio-economiche possono sperimentare un Disturbo Dissociativo. Si stima che il 2% delle persone sperimenti Disturbi Dissociativi con una prevalenza del sesso femminile.

È stato riportato un tasso di prevalenza dello 0,2% per la Fuga Dissociativa nella popolazione generale. La prevalenza può aumentare nei periodi in cui si verificano eventi particolarmente stressanti, come in caso di guerra o di calamità naturali.

I Disturbi Dissociativi elencati dall’ American Psychiatric Association nel DSM-5 sono:

  • Disturbo Dissociativo dell’Identità (DID): incertezza o confusione rispetto alla propria personalità, difficoltà a rappresentarsi e inoltre a  definire la propria identità sessuale;
  • Amnesia Dissociativa: incapacità a ricordare uno specifico e significativo periodo di tempo trascorso, causando una serie di lacune nella narrazione degli elementi o episodi delle propria giornata o storia personale;
  • Fuga Dissociativa: è rappresentata da un allontanamento improvviso e inaspettato da casa o dall’abituale luogo di lavoro, con incapacità di ricordare in toto o in parte il proprio passato. Ciò è accompagnato da confusione circa l’identità personale o anche dall’assunzione di una nuova identità;
  • Disturbo di Depersonalizzazione (è una sensazione di distacco da se stessi o un guardare a se stessi come farebbe un’altra persona. La persona può comunque non percepire o percepire solo alcune parti del proprio corpo o alcune emozioni, sentendosi come fosse “anestetizzata”) e Derealizzazione (è una sensazione di distanza rispetto all’ambiente o di vero e proprio distacco e di mancato riconoscimento rispetto a persone, luoghi o situazioni a noi note o familiari);
  • Disturbo Dissociativo Senza Specificazione: è stata inserita per i disturbi in cui la manifestazione predominante è un sintomo dissociativo (per es. un’ alterazione delle funzioni della coscienza, memoria, identità o percezione dell’ambiente), il quale non soddisfa i criteri per nessuno dei Disturbi Dissociativi specifici. Gli esempi comprendono: i quadri clinici simili al Disturbo Dissociativo dell’Identità che non soddisfano pienamente i criteri per questo disturbo, perdita di coscienza, stupor, o coma non attribuibile a una condizione medica generale ecc…
  • Disturbo Dissociativo con altra Specificazione: es. disturbo dissociativo dovuto a una persuasione coercitiva, reazione dissociative acute reattive a eventi stressanti o stati di trance dissociativa;

Esordio e cause dei Disturbi Dissociativi

L’etiopatogenesi dei Disturbi Dissociativi è ancora oggi controversa. La teoria maggiormente condivisa individua una stretta correlazione tra trauma, abuso (specialmente in età infantile) e lo sviluppo di un Disturbo Dissociativo come strumentale al tentativo di controllo delle memorie traumatiche attraverso il distacco dalle stesse.  Le situazioni di stress, anche minime, possono peggiorarne i sintomi e causare impairment del funzionamento nelle attività quotidiane.

Le psicoterapie più efficaci per trattare i Disturbi Dissociativi

Per quel che concerne gli approcci psicologici, tra i più utilizzati ed efficaci si annoverano:

La Psicoterapia Cognitivo-comportamentale focalizzata sul trauma.

Possiamo raggruppare in tre grandi categorie le tecniche cognitivo-comportamentali che saranno utilizzate nelle diverse fasi del trattamento:

1) Tecniche di esposizione

Hanno lo scopo di far familiarizzare il paziente con le situazioni temute in un clima di sicurezza mediante procedure di Esposizione in vivo ed Esposizione ai ricordi in immaginazione.

Le esposizioni in vivo si realizzano concordando con il paziente situazioni e attività temute che possono suscitare il ricordo dell’evento, creando una gerarchia che vada dalle più facili alle più difficili secondo un punteggio USM (unità soggettive di malessere) e portando la persona ad affrontarle l’una dopo l’altra. Affinché l’esposizione sia efficace è necessario prolungarla sino al dimezzamento dell’ansia a essa associata. Nel caso di traumi relazionali (ad es. abusi o maltrattamenti) è bene evitare sia giudizi “pesanti” che “giustificazioni” del comportamento dell’abusante. Il terapeuta concorderà con il paziente i “compiti a casa”, accordandosi su cosa fare, come farlo esattamente, dove, con quale frequenza ecc.

All’esposizione in vivo, fa seguito l’esposizione con l’immaginazione dei ricordi al fine di aiutare la persona a ripensare a quanto è successo, alle emozioni provate ed a correggere le convinzioni controproducenti. L’esposizione ai ricordi  avviene in maniera graduale consentendo al paziente, nella fase iniziale, di saltare le parti più dolorose e di tenere gli occhi aperti; in seguito, si domanderà di chiudere gli occhi per rendere più nitide le immagini e di usare un tempo passato nel racconto; in ultima battuta,  si chiederà di parlare al presente, di immaginare l’evento da lontano o come in un film.

2) Tecniche di gestione dell’ansia:

es. efficaci modalità di respirazione, rilassamento ed individuazione di strategie di distrazione mentale;

3) Ristrutturazione cognitiva 

Tramite la ristrutturazione cognitiva si aiuta il paziente a identificare e modificare errori di ragionamento e convinzioni disfunzionali su di sé, sugli altri e sul mondo che possono essere preesistenti al trauma, ma che spesso dipendono dall’influenza di quest’ultimo sulle visioni personali del paziente riguardo a temi come senso di sicurezza, fiducia in sé, valore personale e fiducia negli altri.

La terapia EMDR

L’approccio EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, in italiano desensibilizzazione e rielaborazione mediante movimenti oculari) si focalizza sul ricordo delle esperienze disturbanti traumatiche, particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo, che possano aver contribuito al disturbo e che portano le persone in terapia.

Uno degli aspetti più importanti in questo tipo di terapia è l’identificazione degli eventi di vita che sono stati “traumatici”. Questi eventi possono essere traumi dovuti a incidenti, lutti, terremoti, disastri naturali, ma anche traumi di tipo interpersonale – relazionale, come i traumi emotivi che si generano nella relazione con una figura di attaccamento disfunzionale. L’EMDR va a lavorare sul ricordo di questi eventi, in modo da rielaborarli e riorganizzarli nella memoria, per far sì che queste esperienze perdano l’intensa componente emotiva associata e che gli apprendimenti disfunzionali dal punto di vista cognitivo, acquisiscano un significato maggiormente positivo. Tutto ciò permette al paziente di poter usare i suoi “ricordi dolorosi” in modo costruttivo, trasformandoli in una risorsa.

Ogni individuo è dotato della facoltà innata di elaborare gli eventi traumatici ma, in alcune persone, in situazioni particolarmente gravi, questa capacità si blocca. L’EMDR, usando la stimolazione bilaterale, cioè i movimenti oculari, è in grado di far ripartire la capacità di elaborazione.

Terapia Senso-motoria

La Terapia Senso-motoria si richiama alla psicoterapia corporea come base per le competenze terapeutiche ed integra tecniche di psicoterapia psicodinamica, di terapia cognitivo-comportamentale, con le neuroscienze. Attraverso la consapevolezza “sul corpo” i pazienti, imparano a lavorare all’interno di uno “spazio emotivo sicuro” in modo che i modelli di attivazione emotiva siano maggiormente regolati all’interno di un range, dove sarebbe possibile lavorare mantenendo un equilibrato funzionamento personale.

Raggiunto questo obiettivo, si può iniziare a trattare le memorie traumatiche.
Ai pazienti viene insegnato il concetto di “modulazione” in modo da implementare  le capacità di “transitare” da stati emotivi negativi a stati emotivi positivi, utilizzando i vissuti  corporei per integrarli con l’aspetto della consapevolezza: ad esempio, durante una fase attiva, ad un cliente potrebbe essere chiesto di “trovare un posto nel suo corpo dove si sente calmo o neutro”.

Durata e tempi del trattamento per i Disturbi Dissociativi

È impossibile definire con precisione la durata del trattamento poiché moltissimi, sono i fattori che la influenzano, tra questi annoveriamo: precocità dell’intervento, complessità psicopatologica, presenza/assenza di sostegno sociale, personalità del paziente. Pertanto, la durata di un trattamento, spesso va da una anno ad alcuni anni.

Più complesso è il quadro clinico, maggiore sarà il tempo per completare le fasi del trattamento, anche se il formato e la struttura generale rimangono simili.

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Il Gruppo Studi Cognitivi è leader in Italia nel campo della psicoterapia. Il gruppo è specializzato primariamente nell’alta formazione, nella ricerca, nella divulgazione scientifica e nell’erogazione di servizi clinici nel campo della salute mentale.